ABITATO

Abakaine, come indicato da Diodoro (XIV, 90, 3), o più comunemente Abakainon fu un antichissimo centro indigeno siculo successivamente grecizzato ed infine romanizzato.

L’abitato antico ricade nell’odierno territorio del Comune di Tripi ed è stato individuato da Antonio Salinas  (NSC 1886 pp. 463 – 465)   a sud del Casale  di  Tripi nel pianoro di Contrada Piano e Chiappe  tra il torrente Tallarita  e Pizzo Cisterna.

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Non conosciamo oggi i limiti precisi  dell’abitato che doveva in parte svilupparsi a terrazze lungo le pendici collinari: “ Il cuore dell’abitato antico, con le aree a destinazione pubblica, sembra individuarsi in Contrada Piano e Chiappe  che si incontrano percorrendo la rotabile che dalla frazione di Campogrande conduce a quella di Casale e poi al paese di Tripi. I resti più cospicui erano costituiti da un’imponente struttura in blocchi a filari isodomi, oggi ricoperta, messa in luce da Madeleine Cavalier per quasi cento metri, probabile sistemazione monumentale di un terrazzamento a monte di un’agorà.

 Sul declivio soprastante, identificabile con le prime terrazze del Pizzo Cisterna, si individuano  le tracce di un quartiere di abitazione del III sec. a.C.

Le indagini rivelarono inoltre che la città si era sviluppata nell’area di precedenti insediamenti  preistorici riferibili al Neolitico medio (ceramica nello stile di Stentinello), all’età del Bronzo ed alla prima età del Ferro, alla quale dovrebbe essere pertinente la necropoli rupestre  di tombe “a grotti cella” artificiale visibili in contrada Portusa, sul versante meridionale di Pizzo Cisterna.

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L’abitato aveva quindi probabilmente origini assai antiche”.

(La Necropoli di Abakainon a cura di Giovanna Maria Bacci – Piero Coppolino pag. 14 – 15 – Regione Sicilia Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Messina)

Per un approfondimento  dell’argomento sull’area dell’abitato di “Abakainon” e sul suo territorio si rinvia alla “Relazione preliminare : per la Storia di Abakainon/Abacaenum prime indagini topografiche del territorio di Tripi” pubblicato in “Sicilia Antiqua an International Journal of Archeology VI 2009”

Gioacchino  Francesco La Torre  Professore Ordinario di Archeologia dell’Università di Messina .

Qui si riporta di seguito il solo paragrafo 2 : “ Scoperte fortuite e indagini di scavo effettuate intorno alla metà del secolo scorso hanno permesso di ubicare il sito dell’antico abitato nell’area pianeggiante della frazione Il Piano, disposta alla quota di m 300 ca., delimitata a Nord dal Torrente Tellarita e compresa tra le alture del Pizzo Cisterna (m.465) a Nord-Est e del Castello (m.614) a Sud-Ovest.

Già il Fazello aveva segnalato la presenza di cospicui resti antichi  che non sapeva attribuire ad alcuno dei centri noti dalle fonti letterarie: “Sotto le sue mura (di Tripi) si vedono i segni di una città grande e, come sembra, antichissima, di grande perimetro, ma distrutta fino alle fondamenta: pietre squadrate, colonne abbattute, e rocche distrutte. Quale essa sia stata presso i nostri antenati, finora non ho potuto appurarlo”.

I successivi ritrovamenti nel sito di molte monete della zecca di Abakainon hanno permesso di giungere all’identificazione con il centro siculo che i passi di Diodoro precedentemente richiamati permettevano di porre vicino a Tindari.

In un breve articolo per le Notizie degli Scavi, nel quale dava conto di un suolo sopralluogo a Tripi, il Salinas, sulla base di quanto allora noto e delle sue personali osservazioni, poteva già correttamente individuare l’ubicazione dell’abitato nella località Il Piano e della necropoli in località Cardusa, ai piedi del Pizzo Cisterna verso il Monte Cheti, posto a Nord-Est. Da quest’ultima località, infatti, provenivano tre delle quattro iscrizioni funerarie  di cui il Salinas da notizia: cippi di arenaria  ben squadrati, destinati ad essere inseriti alla base di una qualche muratura; si tratta, evidentemente, delle stele funerarie che  sormontavano gli epitymbia che il recente scavo della Soprintendenza ha permesso di riportare alla luce.

Successivamente, alla breve indagine del Salinas, occorre attendere l’immediato dopoguerra affinché venga dato avvio ad un programma scientifico di riceerche nel territorio di Tripi. Si deve all’instancabile attività di Luigi Barnabò Brea l’impostazione di un piano  di indagini finalizzate al riconoscimento dei dei caratteri culturali e cronologici del sito; dopo un accurato sopralluogo, effettuato insieme al Ryolo, l’allora Soprintendente di Siracusa affidò nel 1952 a François  Villard il compito di effettuare una breve quanto intensa campagna di scavi, i cui risultati, di estremo interesse, sono stati prontamente editi dal Villard stesso.

Il resoconto del Villard non è più che una nota preliminare, privo di qualunque corredo cartografico, ragione per la quale le indicazioni fornite trovano una collocazione estremamente generica e di massima nella topografia del sito; grazie alla cortesia e alla disponibilità mostrate dalla Dott.ssa Cavalier, dalla Dott.ssa Bacci, allora Direttore del Museo Regionale di Lipari, e dal Dott. Spigo, allora Direttore del Servizio Archeologico della Soprintendenza  BB.CC.AA. di Messina, è stato possibile acquisire copia della documentazione attualmente disponibile relativa all’intervento: in particolare, risulta di particolare utilità la copia dello stralcio di una mappa corografica della località Il Piano sul quale sono stati localizzati tutti i saggi di scavo effettuati dal Villard nel 1952.

Lo studioso francese, infatti, effettuò  una serie di trincee in più punti del territorio: la maggior parte nella Contrada Il Piano tre  nella zona dell’antica necropoli, a Nord di  Pizzo Cisterna, l’area dalla quale provenivano le iscrizioni edite dal Salinas.

Nella trincea 11, effettuata in prossimità della Chiesetta di San Giovanni, scoprì una prima fase di frequentazione del sito, ascrivibile al Neolitico stentinelliano, caratterizzata da frammenti di vasi decorati ad impressione associati con strumenti  in selce  ed ossidiana e con schegge. Al di sopra  del livello neolitico rinvenne uno strato con materiale protostorico d’impasto che datava alla Prima età del Ferro; in saggio effettuato poco più a Sud (trincea 13)

restituì abbondante  materiale di questa fase  protostorica. Il Villard,  inoltre, segnalava la presenza, sulla parete rocciosa meridionale del Pizzo Cisterna, di alcune grotticelle di forma circolare dotate di banchina sul fondo, rinvenute completamente vuote, che pure potevano essere considerate tombe di un tipo del tutto analogo a quelle che si andavano contemporaneamente scoprendo e scavando nella vicina Rodì, l’antica Longane.

Le ricerche del Villard portarono elementi nuovi anche per quanto riguarda le successive fasi di epoca classica: sporadici materiali di VI-IV secolo dalla trincea 10, nell’area dell’abitato de Il Piano e più consistenti resti, anche monumentali, di epoca ellenistica e romana; in particolare lo studioso francese

Segnalava il ritrovamento di un grande muro, allora riutilizzato quale terrazzamento, che fu possibile seguire per m 29  di lunghezza; il muro con fondazioni di pietre irregolari , piano di spiccato in lastre e alzato a doppia cortina di blocchi (due filari conservati), di cm. 80 di spessore, doveva fungere da terrazzamento tra due aree della città poste a quote diseguali. Dal resoconto pubblicato dallo scavatore si arguisce che la cronologia del muro va posta in epoca ellenistica.

Livelli di epoca ellenistica sono stati rinvenuti anche nelle trincee 8 e 9 , effettuate qualche decina di metri più a Sud della Chiesa di San Giovanni, lungo la strada per Tripi ; in questi scavi  anche i soprastanti livelli romani hanno restituito numeroso materiale ceramico di epoca ellenistica: ceramica campana di tipo A e di tipo C e una moneta di Ierone II.

Nelle trincee 6 e 8, al centro della contrada Il Piano, sono emerse strutture murarie appartenenti ad “importanti costruzioni di età imperiale”: grossi muri, di cm. 90 di ampiezza, livelli ricchi di ceramica aretina e di sigillata chiara e, soprattutto, un frammento di lastra marmorea iscritta, databile per lo studioso tra il I e il II secolo d.C.. L’iscrizione, benché estremamente frammentaria, riveste notevole importanza dal momento che si tratta di un documento pubblico nel quale viene sicuramente menzionato un personaggio che ha rivestito  la carica del duoviro.

Il rinvenimento nei pressi delle trincee 6 e 8 di grandi colonne di granito, riutilizzate nella fabbrica di un edificio medievale, forse un monastero, che sarebbe sorto sulle rovine dell’edificio romano , secondo il Villard, lascia sospettare che l’area fosse occupata in epoca romana da almeno un edificio di notevole impegno monumentale; la presenza nella stessa area dell’iscrizione pubblica potrebbe avvalorare l’ipotesi, avanzata da Bernabò Brea, che in questa zona centrale della contrada si potesse sviluppare l’agorà –foro della cittadina.

Tre trincee sono state invece praticate dal Villard nell’area della necropoli ed hanno portato alla scoperta di 13 sepolture di IV-III secolo a.C. di varia tipologia: sono infatti attestate: inumazioni alla cappuccina, inumazioni a fossa coperta la lastroni, cremazioni entro fossa tutte di IV-III ed una tomba ad incinerazione entro urna cilindrica in piombo di  secolo a.C.

La trincea  3, infine, ha permesso di portare alla luce uno dei monumenti funerari ad epitymbion, la cui presenza era ben percepibile già al Villard, e che sono poi stati oggetto degli estesi interventi di scavo da parte della Soprintendenza di Messina.

L’indubbio interesse suscitato dai risultati delle indagini effettuate dal Villard nel 1952 condusse ad una ripresa delle ricerche da parte della Soprintendenza di Siracusa; nel 1961, infatti, fu affidato a Madeleine Cavalier l’incarico di riprendere lo scavo del lungo muraglione già individuato dal Villard nei pressi della Chiesetta semidiruta di San Giovanni.

Anche di questo intervento  è stato pubblicato un breve resoconto preliminare, pure privo della documentazione grafica. Di questa indagine, grazie ancora alla cortesia della dott.ssa Cavalier, della dott.ssa Bacci e del dottor Spigo, ho potuto avere copia del giornale di scavo e delle fotografie allora scattate.

Lo scavo ha rivelato che il lungo muro in questione, messo in luce per una lunghezza di m. 35, si doveva estendere in senso Nord-Sud per almeno m 94,40. Esso era realizzato a doppia cortina di blocchi squadrati, messi in opera a filari isodomi, ben sbozzati in facciavista, internamente ammorsati ad un conglomerato cementizio di blocchetti e pietrame irregolare. Il muro, che Villard sembra attribuisse alla fase ellenistica, viene ora datato dalla Cavalier in epoca romana.

All’estremità sud-orientale del muro si è potuto  vedere che esso risvoltava verso Est, anche se di questa prosecuzione non è stato possibile seguire l’andamento. A monte  del muro, ad Ovest di esso, correva un largo canale  che doveva drenare le acque che scendevano dal pendio retrostante; davanti al muro, invece, ad Est, si apriva una ampia zona piana, il foro della città nell’interpretazione della Cavalier e dello stesso Bernabò Brea.

Alle spalle del muro, sul pendio retrostante, sono stati effettuati saggi che hanno portato alla scoperta di case di abitazione , arricchite da colonne litiche, databili al III secolo a.C. grazie ai materiali rinvenuti: ceramiche nello stile  di Gnathia e monete dei Mamertini.

Queste scoperte, in aggiunta ai dati recuperati dal Villard, permettevano di ipotizzare  che la città di Abakainon ,  poi Abacaenum,  avesse in epoca ellenistica e romana una qual certa monumentalità e che l’abitato  fosse organizzato in maniera regolare intorno ad una ampia piazza.

Purtroppo, tutte le strutture rinvenute sono state reinterrate per motivi  di sicurezza ed in seguito non si è mai più avuta l’occasione di riprendere le indagini.

Solo poche righe dedica a Tripi lo Wilson , riassumendo brevemente il quadro delle conoscenze, anche sulla base di osservazioni personali.

Tripi ed il suo passato sono nuovamente tornati a suscitare  l’interesse degli archeologi in seguito alla ripresa delle indagini nell’area della necropoli di contrada Cardusa , a Nord di Pizzo Cisterna ; gli scavi , avviati nel 1994 e poi portati avanti in maniera  sistematica grazie a finanziamenti comunitari per la conoscenza, il recupero e la valorizzazione dei Beni Culturali nell’ambito del POP prima e del POR poi, hanno riportato alla luce un vasto settore della monumentale  necropoli altoellenistica , caratterizzata dalla presenza di elaborati epitymbia in arenaria al di sopra della sepoltura : le tombe sono in prevalenza ad incinerazione, entro fossa o più raramente entro vaso cinerario, o inumazioni a fossa rivestita da lastroni.

I corredi finora recuperati indicano , almeno per questo settore della necropoli, una cronologia tra la metà del       IV ed il III secolo a.C.